Un po' di storia
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Archeologia e storia del territorio di Miglionico
di Francesco Caputo
Posto sulla sommità di un crinale che delimita uno dei numerosi bacini secondari con fluenti nel fiume Bradano, Miglionico è un centro abitato sviluppatosi nella configurazione attuale tra il sec. XI e XVII su un sito già occupato da popolazioni indigene fin dal VIIII sec. a.C. Gli scavi e le ricerche archeologiche, pur non condotte su vasta scala ed effettuati spesso in seguito a saltuari e sporadici ritrovamenti, consentono, tuttavia, di delineare una ipotesi di localizzazione e di sviluppo degli insediamenti umani succedutesi nelle adiacenze e sulla collina occupata dal centro abitato attuale.
Già dalla fine del secolo scorso gli storici locali segnalavano numerosi ritrovamenti di tombe isolate e necropoli sopratutto all'interno dell'area circoscritta dal centro storico, sul pianoro adiacente la via Lucana, allora in costruzione, e nei pressi del cimitero e della cava S. Rocco. Le imprese costruttrici, sbancando i pendii, avevano manomesso un vasto sepolcreto in seguito scavato ed indagato negli anni trenta, ma già nel 1811 la necropoli adiacente il cimitero era stata in parte scavata su indicazione dell'allora Intendente di Basilicata, ma dei ricchi corredi ben presto se ne persero le tracce. Nel 1847 altri ritrovamenti, nella medesima area e nel centro storico, procuravano al Sottintendente di Matera, Nicolo Jeno de' Coronei un gran quantitativo di terrecotte e oggetti bronzei, in parte descritti dal Ricciardi, il quale segnala anche una tomba rinvenuta nel centro storico in un sito non meglio indicato con un corredo di trenta vasi, un'armatura e monili in oro, ed altre sepolture venute alla luce nella zona immediatamente antistante l'ingresso del castello.
I reperti in possesso del museo Ridola a Matera, provengono ancora una volta dalla necropoli limitrofa al cimitero, da un'area sottostante il castello, dalla ex cava S. Rocco e da una zona non meglio precisata adiacente Porta e Piazza S. Sofia. I reperti di maggior interesse sono un pendaglio equestre in bronzo fuso secondo schemi e modelli delle culture japodo-liburniche della sponda balcanica dell'Adriatico, e databile al VII sec. a.C.: una fibula bronzea e una cuspide di lancia entrambe databili alla prima metà del VI secolo; resti di vasellame attico attribuiti al pittore ateniese Lydos, databili al 550 a.C. e ritenuti tra le più antiche testimonianze nella valle del Bradano dell'attività del ceromografo attico e due manici antropomorfi bronzei di patera, di cui una con iscrizione tarantina relativa alla donna di famiglia patrizia che ha posseduto l'oggetto. Dalla necropoli della cava di S. Rocco proviene un elmo bronzeo di tipo corinzio rinvenuto in una sepoltura di un guerriero enotrio databile alla seconda metà del V sec.; nella zona di S. Sofia si segnala il ritrovamento di punte di lance in ferro e fibule metalliche, dalla vasta necropoli adiacente il cimitero proviene una statuetta votiva in bronzo rappresentante Heracles e datata al V sec. a.C., mentre il Ricciardi ricorda il ritrovamento nell'oliveto Stancarone di sepolture e resti di un edificio sacro.
La natura e la localizzazione dei reperti consentono di ipotizzare sulla collina di Miglionico e nelle immediate adiacenze, l'esistenza di più nuclei abitati, forse insediamenti agricoli sparsi, e di un centro di dimensioni maggiori sul sito attualmente occupato dal perimetro della città medioevale. I ritrovamenti sono maggiori nelle aree periferiche del paese, perchè non edificate, mentre i resti dell'insediamento urbano vero e proprio sono stati inglobati ed alla fine cancellati dalla millenaria stratificazione degli edifici del centro storico, ma nonostante ciò, ancora nel secolo scorso e negli anni del primo dopoguerra, in occasione di lavori per la sistemazione di strade, e di ristrutturazione di edifici, si segnalavano importanti rinvenimenti al castello, a S. Sofia e nelle cantine di alcune abitazioni. La conformazione a nuclei sparsi adiacenti un abitato di più consistenti dimensioni, è comune, nella struttura insediativa, ai centri abitati limitrofi ed in particolare Pomarico, Irsina, Matera, Montescaglioso e Timmari che con Miglionico condividono le caratteristiche del sito, i rapporti con la costa mediati dalle direttrici di crinale e l'apporto culturale dell'area pugliese e jonica.
Le ceramiche e i corredi delle sepolture rinvenute, permettono di datare i primi insediamenti umani sulla collina di Miglionico intorno al VIII sec. a.C: le popolazioni insediate nella area come nel territorio e negli abitati limitrofi sono essenzialmente enotrie con un forte apporto culturale della vicina urea apula che lungo il Bradano e verso la costa jonica trova a Taranto il centro propulsore di una civiltà che, ricca di influenze elleniche, è destinata, a partire dal V-IV sec. a.C. a prevalere in tutto il territorio circostante.
Il variegato mondo indigeno agli albori della colonizzazione greca, che trova nella fondazione di Siris nel VII sec. a.C. il primo elemento di una penetrazione destinata a cambiare il volto e l'evoluzione delle civiltà locali, ha i punti di forza negli insediamenti collinari del retroterra jonico e nell'area bradanica i centri maggiori sono a Cozzo Presepe, Montescaglioso, e qui vicino, nell'insediamento di Difesa S. Biagio, a Pomarico ed in particolare nei pressi del borgo medievale abbandonato e a Castrum Jugurii, a Miglionico e a Timmari. Il ritrovamento a Miglionico di sepolture indigene datate al VII sec. a.C. ancora con inumazione rannicchiata, documenta il persistere in tutta la valle di usanze e tradizioni di lontana origine neolitica ma già un secolo più tardi la rete dei rapporti è molto più ampia ed è indirizzata anche verso le sponde adriatiche con importazioni provenienti dalla penisola balcanica alla cui cultura japodica-liburnica è collegabile il bronzetto equestre di Miglionico.
Lo sviluppo di Metaponto e la ripresa dell'importante colonia greca di Heraclea sorta dopo la decadenza e la scomparsa di Siris, spingono la colonizzazione e una efficiente rete infrastrutturale verso l'interno dei fondovalli e dei terrazzamenti collinari, permettendo una stabilizzazione dei rapporti con le popolazioni indigene del retroterra e l'attivazione di consistenti scambi commerciali. A Miglionico il contatto con le colonie greche della costa è documentato dal diffondersi di ceramiche attiche databili intorno al 550 a.C. e provenienti da Metaponto o Taranto e attribuiti al ceromografo ateniese Lydos di cui questa produzione, frammenti di anfora a figure nere del tipo a collo distinto rappresentante la premiazione di atleti, è ritenuta tra le più antiche rinvenute nell'ambito territoriale jonico-bradanico. Confermano i rapporti con la cultura magno-greca di Taranto e Metaponto, i tre manici antropomorfi di patera in bronzo, databili al 550-540 a.C, anch'essi di importazione attica di cui uno recante l'incisione del nome gentilizio della proprietaria che le caratteristiche della scrittura indicano di origine tarantina e la Kylix attica con scene dionisiache a figure nere del Pittore di Haimon, ceromografo attico operante a cavallo dei sec. VI e V a.C, provenienti dagli scavi nell'area attigua al cimitero. L'ampia rete di rapporti economici e di apporti culturali nell'ambito della civiltà magno-greca, nella quale sono inserite le popolazioni indigene insediate sulla collina di Miglionico, è documentata anche dalla ricca monetazione rinvenuta a più riprese nel secolo scorso e purtroppo interamente interamente dispersa, proveniente oltre che dai centri greci più vicini, Taranto, Metaponto ed Heraclea, anche a Sibari, Crotone e Caulonia mentre contatti con culture e popolazioni oscosabelliche sono documentate dalla statuetta bronzea di Heracles datata alla metà del V sec. e rinvenuta nei pressi della statale per Potenza. I rapporti dei nuclei abitati sulla collina di Miglionico, come anche quelli dei centri limitrofi con il mondo magno-greco dello Jonio rendono l'intera area del basso Bradano parte partecipe ai sommovimenti demografici, politici e militari tra il IV e il III sec. a.C. con il confronto diretto tra le colonie greche della costa e le popolazioni lucane di origini sanniti che installatesi in tutti i centri dell'entroterra. Nonostante il ricorso delle città greche ad aiuti e condottieri provenienti dall'altra sponda dello Jonio e il patto militare che lega tutti i centri greci in difesa del nemico comune, la pressione delle popolazioni lucane segna la fine del delicato equilibrio instauratosi tra colonie e centri indigeni con la conseguente decadenza di molti centri costieri soprattutto nell'area metapontina. In queste condizioni l'asse dei rapporti commerciali e culturali si sposta in direzione delle valli dell'Agri e del Sinni ed in particolare di Heraclea divenuta, tra l'altro, sede della Lega Italiota dopo la caduta di Crotone nelle mani di Siracusani, con la conseguente emarginazione di tutto il fondovalle bradanico e dei crinali circostanti. Nei confronti delle popolazioni lucane, le città magno-greche sconfitte sul campo dalla superiorità militare degli avversari, ben presto esercitano una sorta di egemonia culturale che porta alla progressiva integrazione tra le due etnie. A Miglionico l'ellenizzazione dell'elemento lucano è documentata dai, ricchi corredi funerari tra cui una Pelike e un'Hydria apule in argilla rosea e decorazioni nere, ambedue datate tra il 340 e il 330 a.C. recuperati durante gli scavi del 1911.
La conquista romana della Magna Grecia, segnata dalla fondazione delle prime colonie latine a Venosa, dalla presenza di presidi romani nella valle del Crati, dalla latinizzazione di Grumento, dal patto federativo tra Heraclea e Roma ed infine dalla conquista di Taranto, accentua il processo di decadenza dei centri costieri ampliando invece il ruolo dei centri abitati situati lungo la direttrice dell'Agri e della via Appia. Si accentua anche il processo di spopolamento delle campagne sconvolte dalle guerre, prima lo scontro con Taranto, poi con Cartagine ed infine la guerra sociale nell'ultimo periodo repubblicano, interessate da un ampio fenomeno di riorganizzazione economica nel quale il peso del latifondo agricolo è sempre più rilevante. Le popolazioni si concentrano nei nuclei abitati maggiori e si forma il sistema dei borghi i collinari che prefigura il sistema insediativo ed infrastrutturale stabilizzatosi nell'alto medioevo e giunto, infine, all'epoca moderna senza tanti stanziali modifiche.
All'interno di questo complesso processo, Miglionico accentua le proprie caratteristiche di insediamento collinare predisponendo le basi del futuro sviluppo del borgo alto medioevale: in epoca tardo imperiale probabilmente i nuclei esterni al centro maggiore si spopolano e sono abbandonati mentre la popolazione concentra sull'estremità nord-occidentale della collina dove si svilupperà il borgo documentato nel periodo normanno.
Il centro abitato dal secolo XI al XVIII
La riconquista bizantina dei territori lucani e pugliesi alla fine del IX sec, partita dai capisaldi costieri in terra di Bari e nel Salento, rimasti in mano greca anche dopo l'espansione del Ducato Longobardo di Benevento in direzione sud, agli inizi dell'VIII sec., e spintasi fin oltre la valle del Sinni, segna la riorganizzazione amministrativa ed ecclesiastica dell'area con la costituzione del Tema di Longobardia prima, del Tema di Lucania dopo, e la sottomissione delle chiese lucane, gli episcopati di Matera, Acerenza, Tricarico e Tursi al Metropolita orientale di Otranto ribadita dal documento imperiale del 962.
Con la conquista normanna, a partire dai primi decenni del secolo XI, e il riconoscimento al Guiscardo del possesso dei nuovi territori sancito dal Concilio di Melfi nel 1059, la Basilicata sarà infeudata alle maggiori famiglie normanne mentre le sedi vescovili, latinizzate e ricondotte sotto l'autorità del Pontefice Romano, sono rese suffraganee dell'arcivescovo di Acerenza assurto a metropolita dell'intera area lucana. Con l'assegnazione dei territori ai maggiori esponenti dell'etnia normanna, Matera è infeudata alla famiglia dei Loffredo mentre l'intera bassa valle del Bradano e Basento con un territorio esteso fino a Pisticci, Stigliano e Tricarico, all'interno del quale rientrano anche i centri abitati di Pomarico, Miglionico, Camarda e Torre a Mare, l'antica Metaponto, dipendono della Contea di Montescaglioso infeudata ai Macabeo.
Tra i centri abitati altomedioevali della bassa valle del Bradano, Miglionico è l'unico ad occupare un sito di notevole importanza grazie alla vicinanza con la direttrice della via Appla, ma nonostante ciò il ruolo del paese fino a tutto il XIV sec. è circoscritto ad un ambito territoriale molto limitato, differentemente dagli abitati limitrofi di Montepeloso, Tricarico e Montescaglioso che, sedi di vescovi e abbazie benedettine, riescono invece a svolgere un ruolo esteso ad un'area più vasta. In epoca normanna l'abitato fortificato occupa l'area occidentale dell'attuale centro storico sul sito più alto della collina dominante i percorsi stradali in direzione di Grottole, Pomarico e del fondovalle, ed è circoscritto alle zone di S. Angelo, S. Nicola, e S. Giacomo con un fortilizio edificato sul sito poi occupato dal seicentesco Palazzo Corleto e gli accessi nella cinta fortificata in direzione della Chiesa Madre e in fondo all'attuale via S. Giacomo. L'insediamento ha un andamento circolare parallelo al pendio della collina con un percorso di crinale che collega l'area fortificata dell'estrema propaggine occidentale al varco nel perimetro delle mura. Lungo l'asse urbano si aprono numerosi vicoli perpendicolari, si localizzano le residenze più importanti e l'antica chiesa di S. Nicola dei Greci, oggi non più esistente, situata esattamente al centro del borgo. L'ipotesi è suffragata anche dall'orientamento della Chiesa Madre che, primo e più importante nucleo di espansione extra-moenia del centro altomedievale, è costruita, a partire dalla metà del XIV sec, con l'ingresso rivolto verso il probabile accesso della parte più antica dell'abitato ma quando a metà del XVI sec. lo sviluppo del paese avrà ormai saturato le altre aree, Torchiano, S. Sofia e Castello, sarà necessario aprire un'altro ingresso monumentale, sotto il campanile, in direzione del nuovo centro cittadino. L'abitato altomedioevale, si consolida in epoca normanna ed è raggruppato intorno alla chiesa di S. Nicola dei Greci, la cui dedicazione tradisce l'origine tardo bizantina del tempio mentre al sito del seicentesco palazzo Corleto, dove era localizzato un'area fortificata interna al borgo più antico si potrebbe riferire, qualora si trattasse di Miglionico, la notizia, dalla cronaca di Romualdo Salernitano, della edificazione di un 'castellum' da parte di un Conte Alessandro negli ultimi decenni del sec. XI.
Rispetto ad altri abitati limitrofi, il territorio del paese si distingue per un forte accentramento della popolazione nel centro maggiore e, alcuni casali nelle campagne, uno nei pressi del Bradano e un'altro nei pressi della cappella di S. Vito ancora abitati verso la fine del XIV sec., non avranno mai il peso e il ruolo assunto nei territori di Grottole e Pomarico dai nuclei fortificati di Altojanni, Castrum Jugurij, Picoco e S. Maria del Piano. Sempre in epoca normanna, verso la metà del sec. XII, il catalogo dei Baroni individua Miglionico come uno degli abitati appartenenti al Comitatus Montis Caveosi infeudato, fin dalla metà del secolo precedente, alla famiglia Normanna dei Macabeo che, tramite la contessa Emma moglie, del Comes Rodolfo, è direttamente imparentata al Guiscardo, e poi, dopo il 1120, dominio diretto dei Principi di Taranto, quale territorio assegnato a Boemondo, figlio del Guiscardo e di Albereda prima consorte del Duca. Il Catologo dei Baroni assegna Miglionico, quale suffeudo della contea di Montescaglioso, ad un nipote dell'Arcivescovo di Acerenza il quale contribuisce alla formazione dell'esercito regio con quattro militi aumentati ad otto con l'ultima imposizione. Questa circoscrizione feudale nella quale rientrino oltre a Miglionico anche gli abitati di S.Mauro, Salandra, Accettura, Pomarico, Craco, Montalbano e Pisticci, resta in buona parte invariata fino alla seconda metà del secolo XIII, quando la rioeganizzazione militare del meridione, consegna alla definitiva instaurazione della monarchia angioina dopo l'ultima rivolta a favore degli Svevi tra il 1265 e il 1269, assegna alle piazzeforti più importanti del Regno o appartenenti al demanio della Curia, le rispettive guarnigioni militari e alle popolazioni limitrofe gli oneri connessi alla manutenzione e agli approvvigionamenti. Nel 127I nel territorio nell'antico Comitatusd Montis Caveosi la Curia regia elenca i castelli di Petrolla presso Pisticci, Montalbano, Policoro, Torre a Mare adiacente all'antica Metaponto e Montescaglioso. Alla manutenzione del castello e all'approvvigionamento della guarnigione di quest'ultimo centro devono provvedere gli abitanti di S. Mauro, del Casale di S. Giovanni presso Tricarico, di Uggiano e gli abitanti di Miglionico che in questo scorcio del XIII secolo assommano a circa 1500 persone, censiti dalla tassazione focatica del 1277 in 277 fuochi, ovvero nuclei familiari, i quali pagano alla Curia Regia 69 once. La partecipazione di Miglionico agli oneri per la manutenzione del castello di Montescaglioso, induce ad escludere, per quest'epoca, l'esistenza, nel paese, di una roccaforte delle dimensioni e dell'importanza dell'attuale castello: se così fosse gli abitanti sarebbero stati obbligati alla manutenzione di questa struttura come nel caso di Montalbano la cui popolazione provvede alle esigenze della guarnigione e del castello del proprio paese. Questo però non implica la Utenza di una struttura fortificata in quanto l'imposizione fiscale è relativa alle sole fortificazioni demaniali che ospitino guarnigioni stabili.
Le condizioni degli abitati lucani negli ultimi decenni del secolo XIII, dilaniati dalla guerra che ha opposto gli Svevi agli Angioini e i fautori dell'imperatore ai sostenitori del papato, sono tali da indurre molti abitati tra Melfi, Grottole e Miglionico ad intercedere presso il Sovrano per ottenere consistenti sgravi fiscali che consentano la ripresa di una normale attività economica e soprattutto il ripristino, nelle campagne e nei nuclei rurali investiti da un preoccupante processo di abbandono, della sicurezza e delle condizioni di vita necessarie al ritorno degli abitanti.
A metà del XIV secolo il clero secolare di Miglionico che nel 1310 e nel 1324 contribuisce alla raccolta delle decime per la S. Sede con 24 once d'oro, inizia la costruzione della Chiesa di S. Maria Maggiore sui resti di una piccola cappella, S. Salvatore, situata nelle immediate adiacenze del perimetro murario. La nuova chiesa è al centro di un'area dove nei decenni successivi si svilupperanno i nuovi quartieri del paese e nella quale convergono le direttrici delle espansioni urbane trecentesche e quattrocentesche costituite dai percorsi diretti verso il pianoro del Torchiano, verso il sito dove sorge il castello e dalla strada diretta nella valle del Bradano, attraverso S. Sofia, lungo la quale più tardi sorgerà la chiesa della Madonna delle Grazie. Contemporaneamente la costruzione del castello ad opera della famiglia Sanseverino innesca un meccanismo più ampio concluso, tra la fine del XIV e la metà del XV sec, dall'allargamento della cinta muraria che ingloba il vecchio centro medioevale e i quartieri di più recente costruzione.
All'interno del nuovo perimetro i capisaldi urbani sono rappresentati dal borgo altomedioevale raccolto intorno alle chiese distrutte di S. Nicola dei Greci e S. Giacomo, dalla Parrocchiale, dalla chiesa di Mater Domini al Torchiano e dal convento dei frati francescani a Porta S. Sofia, la cui bolla di fondazione risale al 1439.
Nei decenni successivi Miglionico conosce un significativo sviluppo economico e sociale favorito anche da un vivace clima che vede il clero secolare della Colleggiata esercitare una sorta di primato culturale e il ceto professionale e possidente conquistare una parvenza di autonomia politica con attribuzioni e ruoli sempre più significativi conquistati dalla Uni¬versità, quale soggetto amministrativo sempre attento a controbattere pretese e imposizioni del feudatario e ad invocare la autorità regia quale garanzia e limitazione dello strapotere baronale. In questo scorcio di secolo sarà completata la nuova cerchia fortificata e all'interno della città saranno realizzati i primi interventi di rinnovo urbano legati all'ascesa di alcune ricche famiglie che edificano le pro¬prie residenze cittadine, quale palazzo Petito e palazzo Ventura-Aspriello terminati nella metà del cinquecento. La formazione di consistenti patrimoni fondiari appartenenti ad alcune ricche famiglie, a Miglionico, diversamente dai centri vicini, Matera, Montepeloso, Montescaglioso, Tricarico e Pomarico, è favorita dalla mancanza di un esteso patrimonio ecclesiastico e dall'assenteismo del feudatario. Questi affida la procura per l'amministrazione dei beni a potenti personaggi locali che lucrano e approfittano dell'incarico ricevuto per formare cospicue rendite e fortune personali che investono nell'acquisto, direttamente dal Principe, di feudi e titoli. Esemplare da questo punto di vista la vicenda della famiglia Putignani a Tricarico: ramificata in alcuni paesi della zona e già legata ai Sanseverino nel 1500, si arricchisce amministrando i feudi sanseverineschi ed accumula un notevole patrimonio a Craco e a Miglionico dove più tardi si estingue.
In questo contesto gli eventi del 1485 e 1486 con i congiurati riunitisi a Miglionico, situata in prossimità della via Appia, al limite orientale dei territori dei Sanseverino e al limite occidentale dei possessi dei Del Balzo, e il cruento esito della rivolta comportano per il paese la temporanea fine del possesso dei Sanseverino. Nel 1488 Camilio Mauro di Napoli precettore di Basilicata ed appositamente delegato da re Ferdinando a liquidare tutti i patrimoni dei baroni ribelli, vende all'Università di Miglionico i beni che il Sanseverino possedeva nel paese ma ben presto l'antico feudatario è reintegrato nel possesso: nell'agosto 1496 il monarca consentiva la re-immissione del Sanseverino negli antichi feudi e nel settembre successivo Pietro Riccio di Montalto, procuratore del principe prendeva possesso del Castello e della terra di Miglionico. I Sanseverino, se pur nuovamente proprietari del Castello e del titolo, riuscivano a veder riconosciuti interamente i propri diritti sul paese solo qualche decennio più tardi. Nell'aprile del 1533 l'erario del Principe riacquisiva i diritti sulla Bagliva di Miglionico e nell'Agosto del 1543 con apposita platea rogata da Notar Mattia de Landò di Cava era reintegrato in tutti i beni posseduti nel territorio e nel paese. La presenza del Sanseverino a Mi glionico, però, non andava, oltre i primi decenni del XVII sec. quando nel 1624 il posses¬so del paese passava alla famiglia Revertera che nel 1544 aveva acquistato i titoli relativi al possesso di Salandra e nei decenni successivi riuscivano ad estendere il patrimonio nei paesi limitrofi. Sempre nel 1624 i Revertera ottenevano dal Duca d'Alba l'assenso all'acquisto e l'anno successivo l'ordine alla popolazione di Miglionico di prestare l'assicurazione feudale al nuovo proprietario che nel 1629 e 1630 acquistava da Filippo Grimaldi, G. Battista Imperiale, Luciano e Antonio Spinola alcuni diritti da questi vantati sull'Università e saldava a G.B. Gattini, cantore della cattedrale di Matera, un debito contratto dal feudatario precedente, il barone Marcello Nigro.
Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII sec. si consolidano a Miglionico come negli altri centri del regno i poteri delle Università a scapito delle prerogative feudali d'altra parte già mortificate dai colpi inferti dalla monarchia aragonese. A Miglionico l'Università dopo la cacciata dei Sanseverino aveva acquistato dalla Curia Regia alcune prerogative che a causa del forte indebitamento aveva poi dovuto cedere ai successori del Sanseverino e infine erano pervenute ai Revertera con l'acquisto del 1624. Le Università si oppongono, spesso strenuamente, alle pretese dei feudatari che mercificano gabelle e diritti vantati sulle popolazioni locali per realizzare rendite ottenute con l'affitto delle imposizioni fiscali a privati i quali si rivelano estremamente esosi nei confronti delle comunità. Se già nel 1358 Ruggero Sanseverino aveva dovuto concedere alla popolazione il diritto di pascolo, nel 1494 Alfonso I dopo la cacciata del feudatario, maggior ispiratore della rivolta del 1485, aveva confermato all'Università i capitoli, le grazie e i privilegi precedentemente concessi da re Ferrante e ribaditi da Berardino Sanseverino nel 1498 e da Alfonso Sanseverino, Luogotenente di Pietrantonio Principe di Bisignano dopo le richieste fatte dal Sindaco e dagli eletti di Miglionico nel 1517.
Il possesso di Miglionico passato ai Revertera segna qui, come negli altri centri del meridione, l'ascesa politica di famiglie estranee alle vicende storiche locali degli ultimi decenni ma legate ad un ceto mercantile e professionale con notevoli possibilità economiche che in tutti i paesi del regno va sostituendo l'antica feudalità guerriera i Sanseverino, gli Orsini, i Dal Balzo, con gruppi sociali che devono la propria potenza ad una lunga pratica del commercio, al potere acquisito nell'amministrazione dello Stato o negli incarichi regi ricoperti e alle rendite provenienti dal possesso di cospicui capitali che sono investiti nell'acquisto di feudi o di appalti per la riscossione di gabelle e altre imposizioni fiscali. A Tricarico e nel Senisese l'antico feudo sanseverinesco è acquistato dai Pignatelli, a Montepeloso il feudo appartenuto da secoli ai Del Balzo è acquistato dalla famiglia Grimaldi e a Montescaglioso dai Grillo e dai Cattaneo dopo, tutte ricche famiglie mercantili di origini genovesi. Parallelamente si estende e cresce un ceto locale di professionisti, possidenti, notai, gabellieri, prelati e massari capaci anche di investire cospicui capitali nelle attività agricole e un largo ceto di piccoli proprietari che coltivano con l'ausilio della famiglia numerosi appezzamenti di terreno spesso affittati dal feudatario o dai maggiori possidenti.
A Miglionico sono questi strati della popolazione a realizzare, tra la metà del seicento e i primi decenni del secolo successivo, un esteso processo di rinnovo ed espansione urbana sul tessuto più antico e fatiscente trasformato da ristrutturazioni e sopraelevazioni. Si edifica anche nelle aree rimaste libere all'interno il perimetro fortificato che per l'accidentata orografia del sito non consente un sicuro ed economico intervento fuori le mura le quali In alcuni tratti, crollate o demolite sono sostituite da aggregazioni di abitazioni a schiera a più piani e collegate alle parti superstiti della cinta. Si evolvono anche i materiali e le tecnologie costruttive: in sostituzione del pietrame non squadrato scavato sulle pendici della collina, si diffonde l'uso del cotto prodotto da piccole fornaci locali e del tufo cavato dai vicini banchi del Bradano e della Murgia e si estende l'uso di coperture a volta in sostituzione dei tradizionali orizzontamenti in legno. Le tipologie residenziali, tradizionalmente costituite da aggregazioni di vani a schiera, si sviluppano in complessi maggiormente articolati: se le vecchie abitazioni con copertura a canne e i tuguri dei piani interrati e seminterrati restano appannaggio degli strati più miserevoli della popolazione, i piccoli e medi proprietari edificano case soprane spesso servite da un ballatoio esterno; mercanti, professionisti e grandi proprietari usano abitazioni a cortile con cantine, stalle e depositi al pianterreno e la residenza al piano superiore.
Le famiglie nobili, invece, edificano i grandi palazzi urbani dove si ricerca non solo un'adeguata distribuzione delle funzioni ma anche una esplicitazione del ruolo e della posizione acquisita, evidenziata dalla ricercatezza delle partiture architettoniche e dalla composizione di facciate monumentali arricchite da portali, stemmi, trabeazioni e timpani ed altri schemi decorativi ormai facenti parte di un repertorio edilizio collaudato e appannaggio di una non vasta cerchia di lapicidi e mastri muratori. Alla fine del seicento gli interventi più significativi sono rappresentati dalla trasformazione del castello da roccaforte in residenza gentilizia e dallo smantellamento dei resti delle fortificazioni nella punta occidentale del paese ove la famiglia Corleto edifica il grande palazzo omonimo inglobando nella struttura le torri del perimetro fortificato e, tra la metà e la fine del secolo successivo, dalla edificazione di palazzo Guida, palazzo Di Gregorio e palazzo Damone.
Nei primi decenni del settecento con il regno di Carlo III di Borbone e Ferdinando IV, la monarchia napoletana tenta di riaffermare un disegno assolutistico limitando soprattutto lo strapotere baronale e, a scapito di questo, ampliare le prerogative e le giurisdizioni delle Università per le quali la rappresentatività politica è estesa dalle sole famiglie abbienti anche ai ceti produttivi. L'atto più illuminato del Borbone dopo il lungo viaggio nel Regno del 1735 resta la compilazione del primo catasto, ordinato nell'ottobre del 1740 con l'apprezzo di tutti i beni stabili, feudali ed ecclesiastici. A Miglionico il nuovo catasto compilato nel 1753 rivela la diffusione, accanto ai grandi patrimoni feudali ed ecclesiastici anche di una piccola e media proprietà. Se il latifondo baronale era molto vasto ed in particolare investiva i terreni ed i pascoli migliori, tutta la difesa di S. Vito(44), quello ecclesiastico al contrario non era molto esteso e, per la maggior parte era concentrata nelle mani del Capitolo1451 della Colleggiata ed aveva origine in donazioni di privati cittadini, nei legati dei prelati, negli acquisti e nella oculata amministrazione degli arcipreti della chiesa, e nei lasciti annessi ai benefici delle cappelle del Purgatorio, del Rosario, del Sacramento e delle chiese di S. Giacomo e della Madonna delle Grazie. Alcune piccole proprietà appartengono anche ai monasteri dei centri limitrofi: quello benedettino di S. Agata e Lucia a Matera, il monastero di S. Domenico a Ferrandina e l'Abbazia di S. Michele a Montescaglioso per la quale sono documentati alcuni possessi nel 1650 poi alienati nei primi decenni del settecento. Molto significativo a Miglionico anche un'altro aspetto relativo al patrimonio ecclesiastico, e cioè la presenza di una estesa proprietà urbana composta di case ed anche cantine date in affitto e la percezione da parte del clero di rendite provenienti dalla riscossione di censi apposti su numerosi patrimoni.
Lo sviluppo e l’espansione del centro storico alla fine del secolo XVIII, investe nelle residue due aree libere all'interno del perimetro murario con numerosi interventi di sopraelevazione, mentre nei primi decenni dell'ottocento l'area di insistenza della cerchia muraria subisce notevoli trasformazioni con la edificazione di abitazioni che man mano sostituiscono le mura crollate o demolite. Questa fase del processo di espansione e sviluppo del paese è alimentata dalle notevoli trasformazioni ed evoluzione della società seguite alle leggi abolitive della feudalità che con la quotizzazione dei demani e dei feudi, consentono l'accesso alla proprietà ad ampie fasce della popolazione.
Il possesso della Università di parte delle terre appartenute ai Revertera non è pacifico e sia le modalità di demanializzazione che di quotizzazione originano lunghe cause che si trascinano per decenni coinvolgendo anche gli ecclesiastici a causa delle proprietà possedute dal Capitolo della Colleggiata e della abolizione delle congrue e delle decime dovute al clero.
Con i provvedimenti del 1806 e 1808 l'amministrazione francese sopprimeva anche il convento francescano, antico noviziato della Provincia di Basilicata, ed il complesso era affidato al Comune che nel 1823 dopo le suppliche della popolazione e lunghe trattative con il Sottintendente di Matera e il Padre Provinciale dell'ordine riusciva ad ottenere il ritorno dei frati i quali erano nuovamente costretti a lasciare il convento dopo la abolizione degli Ordini religiosi seguita all'Unità d'Italia.
Notizie istoriche su di Miglionico anticamente detto Milonia e in tempi più remoti forse Melanio.
di Teodoro Ricciardi
Nota: l'articolo seguente è tratto dal libro di Teodoro Ricciardi "Notizie storiche di MIGLIONICO" stampato nel 1867, e qui riprodotto fedelmente.
TOPOGRAFIA, ORIGINE, E ARCHEOLOGIA DI MIGLIONICO
Miglionico, Comune di 3 classe, in Basilicata, Circondario di Matera, dalla quale dista circa otto miglia, e da Potenza, capo della Provincia, circa quaranta miglia, è posto sulla destra del fiume Bradano, sulla piattaforma di un monte a forma di croce e quasi isolalo, il quale esce come uno sprone in sul finire di quel ramo subappennino, che ne' dintorni di Potenza spiccandosi dal fianco sinistro della catena appennina che va verso le Calabrie, si avanza al Sud-Est fiancheggiato da' fiumi Bradano e Basento, e le cui alture declinando sempre di grado in grado vanno finalmente ad annientarsi nelle pianure di Torre di Mare, ov’era la nobilissima Metaponto, dalla quale Miglionico, a linea dritta, non dista più che una quindecina di miglia. Geograficamente parlando poi rattrovasi nell'approssimativa posizione di gradi 40 e minuti 32 di latitudine, e di gradi 31 e minuti 15 di longitudine, contando dal primo meridiano che passa per la punta occidentale dell'Isola del Ferro. Posto adunque Miglionico sulla destra del Bradano, a non molta distanza da Metaponlo, alla cui regione apparteneva, veniva perciò a trovarsi ne'confìni della Lucania con la Peucezia, oggi Provincia di Bari, della quale faceva parte Matera, e con la Tarantina, nella quale era compreso l'odierno Montescaglioso, città posta sulla sinistra del detto fiume Bradano e limitrofa, come è Matera, con Miglionico. Inoltre per la eccellente sua posizione su di un monte quasi isolato e a forma di croce, di mediocre elevazione dal mare, sotto clima di dolce temperatura, in mezzo a colli fruttiferi e lieti campi, con molte sorgenti di acqua potabile; e poi tutto cinto di mura ed antemura intercalate da numerose Torri, che facevangli fare da lungi vaga ed insieme pomposa mostra di se stesso, ben si vede che sicuro, grato, ed ameno soggiorno offrire esso doveva, e quindi degno del genio di quegl'illustri Magno-Greci eredi e promotori progressivi di tutta la civiltà Pelasgica, in tempo che nel colmo del loro splendore fiorivano Taranto, Metaponto, Eraclea, Sibari, Crotone, Scilacio, Caulonia, e Locri. Origine. Infatti si ha per tradizione, come rilevasi da un antico manoscritto copialo da altro più antico, che Miglionico o Milonia, essendo di remotissima fondazione, tenga il suo nome però dal forte Milone Crotoniale, dal quale fu già munito di tre cinte di mura, di tre porte, e di tre forti o castelli in difesa delle dette tre porte; per la quale ragione il comune di Miglionico ha sempre tenuto per sua arma, come sino a non molti anni addietro vedevasi nell'abbandonato Seggio Comunale, sotto l'orologio, un uomo a cavallo, avendo per manto una pelle di leone, con corazza ed elmo, armato di spada e mazza ferrata, in atto di avviarsi incontro ad un castello. Al di sotto poi di questo cavaliere stavano scolpite sette M, alle quali dannosi diverse interpretazioni, ma la più ricevuta è la seguente:
Milo Magnus Miles Munivit Milionicum Magnis Muris
Dopo tale tradizione poi il citato manoscritto soggiunge: «Che i Miloniani ebbero sempre vicendevoli corrispondenze con gli antichi Tarantini e Brundusiani, e che in tempo della distruzione di Metaponto i nobili superstiti di detta città si rifuggiarono in Miglionico.» Per quanto immaginoso, e di una bella invenzione de' nostri padri sembrar possa, a prima giunta, un tale racconto a chi nelle antichità di Miglionico non è versato, pure, da quello che verremo esponendo si vedrà: che un fondo storico in esso si contiene, né tale tradizione può seriamente rigettarsi senza in pari tempo distruggere fatti parlanti (1).
(1) Per far cosa grata a que' miei concittadini che non hanno libri stimo conveniente trascrivere per intiero quanto il Barone Antonini nella sua Lucania Parte III, Discorso IV, dice di Miglionico. Miglionico, terra che oltre il godere di un' ottima aria , ha il piacere di avere, e per il comodo degli uomini intorno al paese, e per quello degli animali nella campagna, bastantissime acque; e perciò i suoi terreni , sopra quelli de' vicini, sono per semina e per pascolo propriissimi. Vi nasce ogni specie di frutta, che ne' contorni o non ve ne sono, o rare, come castagne, noci, ciliegie ecc. Prodigiosa nella esiade vi è la caccia de' beccafichi, da noi più volte goduta. Pretendono i paesani, che la terra fosse stata fondata dal famoso Milone Crotoniate, lo che, se fosse, avrebbe la prerogativa di una grande antichità; e per accreditare la tradizione quel comune nelle sue armi fa sette M, che dicono interpetrarsi cosi: Milo, Magnus, Miles, Munivit, Milionicum, Magnis, Muris. Ma Romoaldo Salernitano gli da un più fresco principio, scrivendo nell'anno MCX sulla seguente maniera «Mente settembris Domnus Alexander Comes, era costui figlio del Conte di Andria, fecit Miliolongum aedificare castellum.» Se queste parole la fondazione della terra, o del castello dinotano, altri il veda. Per dargli però una migliore aria di verisimile, potrebbesi dire, che sul finire del decimo secolo l'avesse fondata Malocco, capitano dell' Imperatore Michele Catalaico, allorché tenendo i Greci questi luoghi, ebbe de' contrasti con Guglielmo Ferabracco, e Drogone suo fratello, che li cacciarono intieramenle di Puglia. E’ veramente quelle mura e le torri di quei secoli, nè di ulteriore antichità essere mostrano. Potrebbe ancora essere, che Melo, chiamato da Protospata nell'anno MXX «Dux Apuliae» e dall'Ostiense «Totius Apuliae primus ac clarior» e di cui similmente Guglielmo Appulo dice: Qui duce sub Melo Galtos dare terga coegit fosse stato il fondatore del luogo. E tanto più il credo, quanto che i Greci dopo battuti a Montepeloso da' Normanni «Ultra certare, nisi muris interpositis, non auderent» come dice Malaterra, pensarono a farsi i luoghi chiusi.
Nel resto, dagli avanzi delle mura e delle torri conoscesi benissimo, che ragguardevole luogo stato fosse ne' trasandati tempi; e sino dal cadere del XV secolo cotal prerogativa conservava, mentre qui i Baroni punirò Re Ferrante nella congiura si unirono: e la sala ove le adunanze facevansi, una delle più grandi che a' miei giorni veduta io abbia, chiamasi fino adesso La Sala del Mal Consiglio. Tommaso Costo nelle noie a Mambrin Roseo epilogando Camillo Porzio, che di questa congiura una giudiziosa e veridica storia scrisse, dice: che il Re andò a trattar della pace co' Barioni fino a questo lungo. E credo che mentre stava in Matera, lontano sei miglia, per cotale affare vi pubblicasse la Prammatica contro i bestemmiatori, che porta la data del MCDLXXXI, o almeno quando vi si trovava per dare più da presso maggior calore all’assedio di Otranto, occupato da' Turchi.
Fu il paese patria di Girolamo, e Marcantonio Mazzoni, il primo dei quali ridusse in Dramma la Gerusalemme del Tasso, onde ne vien citato dall’Allacci nella Drammaturgia f. 168; e l’altro per alcune cose alla lingua latina, ed alla poesia attenenti.
E prima di tutto: se egli è vero, che la etimologia del nome di ciascun paese esplicitamente o implicitamente rivela la sua origine, come quella che dal nome del suo fondatore deriva, o da qualche condizione locale, o pure da qualche fatto memorabile ivi accaduto, bene si vede che il nome di Milonia, oggi Miglionico, è tutto derivativo da Milone. Che poi non altri sia stato il nostro Milone se non il famoso atleta di Crotone, il figlio cioè di Diotimo, che tante palme colse in Olimpia da meritarsi statue ed elogi d’invitte prove, quello cioè che guidò da capitano i Crotoniati alla distruzione di Sibari, come nel Sunto Storico cap. 3° n.° 4° e 5° si è detto, con fondate ragioni il mostreremo (1).
Inoltre, quand’anche niuna notizia storica si avesse di Miglionico dagli antichi scrittori, pure la pruova più lampante della sua antichità ricavasi benissimo da un libro il più veridico di tutti, cioè dal suolo stesso di Miglionico, il quale ovunque si apre co' diversi scavi, non manca quasi mai di dare alla luce sepolcri, vasi, monete, ed altri oggetti antichi; talché egli più di qualsiasi antico scrittore solo basta ad assodargli un'antichità remota, come or ora vedremo. Ma oltre a ciò, del nostro Miglionico, allora Milonia, ne fa motto anche Stefano Bizantino, sulla testimonianza di Dionigi, e più di tutti ne parla Tito Livio, come dimostreremo dopo di aver riportate le pruove archeologiche della sua antichità.
(1) Il celebre Atleta Milone Crotoniate non e noto comunemente che per la sua erculea forza, valorose prove, ed infelice morte, giusta il racconto di Pausania lib. VI, senza curarsi poi, ch’egli era un filosofo, discepolo di Pitiagora, e sommo capitano ancora, come quello che guidò i 100 mila Crotoniati contro i 500 mila Sibariti alla espugnazione e distruzione tolale della voluttuosa ed infelice Sibari, giusta il racconto di Strabone lib VI, Rerum geographicar, e di Diodoro Siculo, Bibliothecae Hist. lib. XII. Si nota dagli storici, che in tale battaglia egli marciava a modo di Ercole, armalo di clava, e coperto di una pelle di Leone, come sopra si è detto essere raffiguralo nello stemma di Miglionico. Fu insomma filosofo, capitano, e invitto atleta. E dicasi una volta , il principale oggetto per cui in Elide si consacrarono i giuochi Olimpici fu appunto quello più civile che religioso, di formare cioè la robustezza de’ cittadini, e la dispostezza degli stessi agli usi della guerra, cosicchè cotali esercizii si consideravano come un tirocinio militare in paesi dove ogni cittadino era soldato. Quindi dopo tante pruove di valore date in Elide dal nostro Milone non poteva mancargli di essere prescelto a capitano di una considerevole armata come quella contro Sibari.
Origine e Storia antica.
L'origine di Miglionico si perde in un'antichità remota , da rimontare forse a que' periodi oscuri della storia de' Pelasgi ed Enotri. Infatti, ammessa la provata ed incontrastabile antichità dello stesso, da quello che nel Cap. III si è detto, vedesi, che probabilmente la Enotria città di Malanio, o Melanio sia stata in Miglionico. In sussidio di tale opinione viene poi la patria tradizione , la quale ci fa sapere : che Miglionico anticamente fu detto Milonia dal forte Milone Crotoniate, il quale la munì soltanto, esisteva adunque da tempo più antico, di mura e forti. Quindi se Malanio è da riconoscersi in Miglionico, la sua antichità così viene a rimontarenientemeno che ad un' epoca anteriore alla stessa guerra Trojana, perché giusta quel tanto che si è detto nel Sunto Storico cap. 1° n.° 2°, Enotro venne in queste contrade diciassette generazioni avanti la detta guerra Trojana, cioè circa 1837 anni prima dell'Era volgare, contandosi 33 anni per ogni generazione. Dopo la caduta di Troja poi essendo successo quel grande movimento delle Colonie Elleniche, venute a stabilirsi sul lido del mare Jonio, e sorte così quasi per incantesimo tutte quelle magnifiche ed illustri città della Magna Grecia, la quale è rimasta ammiranda a' posteri, a qualunque grado salir possa il decantato progresso e la moderna civilizzazione, allora la Enotria Malanio diventò pur essa città greca, facendo già parte della Regione Metapontina, e dovè quindi in tutto seguire la sorte della sua metropoli. Perciò quando la voluttuosa Sibari giunse al colmo della sua prosperità e grandezza, con tenere a se soggette 25 città, e col dominare su quattro regioni, nelle quali sono nominate la Sirtide e la Metapontina, dovè per consegnenza avere un tale dominio anche su di Melanio. E perciò, quando la infelice Sibari fu distrutta dall’esercito Crotoniate, sotto il comando del forte Milone, quel dominio , che esercitavasi dalla medesima su le dette due regioni dovè esercitarsi poi dalla vincitrice Crotone. Quindi poté essere allora, che Milone venuto su di Melanio, e trovatolo capace a farsene un propugnacolo contro i popoli limitrofi, lo fortificò più di quello che prima non era, e quindi, comunque poi si fosse stato, il nome di Melanio fu mutato in quello di Milonia. Del resto tutto ciò da noi non si da per certo, ma certo è per altro che una tale tradizione non è priva di un fondamento istorico. Storico è poi che Milonia fu città illustrissima a'bei tempi della Magna-Grecia; che diventò città Lucana quando i Lucani s'impossessarono della regione Metapontina : che, per frode ordita da' Tarantini contro i detti Lucani, passò in mano de'Sanniti, da'quali, dopo averla tenuta presidiata per più anni, fu poi tolta nel 458 di Roma dal Console L. Postumio Megello, come nella prima parte si è detto. Dopo l'espugnazione che ne fece Postumio, Milonia, essendo decaduta dalla sua grandezza, rimase per sempre aggregata al Romano Impero, abbenchè nelle guerre di Annibale avesse dovuto seguire le armi Cartaginesi , quando per più tempo tenne fermato il suo campo nelle vicinanze di Metaponto, e quindi non molto lungi da Milonia, ed abbenchè nella guerra sociale, immortale ricordanza degli sforzi coraggiosi de' popoli Italiani per lo riconquisto della libertà e delle guarentigie politiche contro l'usurpata dominazione e le gravezze incomportabili di Roma superba e conculcatrice, avesse dovuto anch'essa, con tutta la Lucania, della quale faceva parte, emanciparsi per poco, come fecero pure i Brezii ed i Sanniti ; ma dopo di tal guerra le città de' detti popoli, e quindi anche Milonia, rimasero cosi malconcie , che Strabone dice , essergli malagevole indicare i luoghi delle loro dimore. Quindi da dopo l'espugnazione del 458 di Roma sino al 1485 dell'Era volgare un vuoto immenso si vede nella storia di Miglionico.
Mura, Torri, Porte, Castelli, e strade interne.
Miglionico, come dalla tradizione, e da quello che vedesi tuttavia, aveva tre cinte di mura, intercalate da numerose Torri, tre Porte, e tre Castelli soprastanti alle dette tre Porte. De' tre ordini di mura il terzo è totalmente scomparso, del secondo veggonsi tuttora qua e là sparsi degli avanzi, e del primo ce ne resta ancora una buona parte. Delle numerose Torri non ne rimangono che poche in piedi, le quali o stanno isolate con farsi distinguere molto da lontano, o già sono aggregate alle private abitazioni ; la maggior parte di esse poi sono rimaste distrutte, e delle quali veggonsi tuttavia le vestigia un poco rilevate dal suolo. Sulle mura ed antemura qualcuno ha creduto vederci un architettura diversa da quella delle Torri, credendo rimontare le prime al tempo de' Greci o de' Romani, ed al Medio Evo le seconde ; ma bisogna dire piuttosto che mura e Torri sono antichissime, e solo andate soggette a rifazioni per i danni cagionati loro da'secoli. Le tre Porte erano quelle ora dette Porta di Pomarico, Porta di Grottole, e Porta S. Sofìa: Per le due prime poteva accedersi anco con i vicoli, non cosi per la terza , perché su ripida scoscesa. Ormai la Porta di Pomarico si è fatta all'intutto inaccessibile per causa di un burrone formatosi per la scesa delle acque piovane, tanto che minaccia rovina a' prossimi edificii. Nel 1847 l'Intendente della Provincia, allora il Duca della Verdura, nel giro che faceva, essendo giunto in Miglionico, vide cotanto sconcio, ed immantinente ordinò farsi una deliberazione Decurionale per darsi pronto riparo. Una tale deliberazione fu fatta ; si eseguirono più perizie; per lo spesato vi erano più di due mila ducati di fondo di cassa, e intanto non mancò qualche mestatore del pubblico denaro dal muovere osservazioni in Decurionato sul modo di eseguirsi l'opera, cioè se per appalto o in amministrazione, e tanto zelo soltanto per godere del beneficio del tempo. Infatti il tempo loro giovò; perché sopravvenne il 1848, il Duca della Verdura fu traslocato, e nulla più se ne fece. In conchiusione il denaro videsi sfumare in breve tempo, con rimanerci pure un deficit annuale, ed il burrone, sempre più slargandosi, ora minaccia di giungere in mezzo dell'abitato ! Un' evviva all'Amministrazione. La Porta di Grottole, con un ponte a quattro arcate, si è mediocremente conservata, ed ormai dovrà migliorarsi per il braccio che va ad aprirsi di comunicazione con la nuova via Lucana , la quale passa rasento le mura. La terza Porta infine detta di S. Sofia, anticamente Porta Suillina o Saullina, è tuttora inaccessibile con veicoli, e vien solo trafficata con animali a schiena. Con tutto ciò nelle patrie tradizioni vien dessa distintamente notata, per essere da colà entrato in Miglionico Onorio .... Romano. Ma chi era mai questo Onorio non si legge. Circa il 393 dell' Era volgare regnava in Roma l'Imperatore Onorio, ma che questo imperatore fosse qui venuto non si può asserire. Pare adunque che fosse stato piuttosto il Papa Onorio , leggendosi in Falcone Beneventano, che nel 1127, sul Bradano, nel luogo detto Vadopetroso, tra Montescaglioso e Torre di mare, si accamparono i Baroni del Regno col Papa Onorio II, contro il Conte Ruggieri, che s'intitolava Re di Napoli, nel qual luogo vi si fermarono per quaranta giorni chiamandolo Lagopetroso. In tale gita forse potè passare Onorio da Miglionico , ed entrarci dalla detta Porta. Il Muratori mette tal fatto nel 1128; ma nulla da noi può dirsi di certo. De' tre Castelli, o Forti, per difesa delle dette tre Porte, ora non ci resta che quello soltanto sito alla parte del Sud, del quale poi parleremo. Di quello all'Ovest non restano che pochi avanzi; e del terzo, che era posto al Nord, nel 1429 se ne fece una casa Religiosa, della quale puranche parleremo. Nella punta all’Est, ov'oggi dicesi Torre del Fico, sorgeva un Fortino, del quale veggonsi ancora alcune Torri in piedi ed isolale, con estesi subasamenti. Stante che l'aja dell' abitalo è fatta a forma di croce , ne avviene che le strade interne si sono ripartite uniformemente alla stessa, cioè, in cinque strade principali. Tre delle quali, partendo dal Fortino all’Est, andavano a metter capo nel Castello all’Ovest ; e le altre due, partendo dal Castello al Sud, dopo aver tagliate le dette tre vie ad angolo retto, andavano a finire nel Castello al Nord , oggi Monistero. Attorno poi, su per le mura girava altra via bellissima, come un loggiato continuo, il quale tuttavia ci resta in parte, come in buona parte vedesi ancora la regolarità delle vie interne, ora fatte più o meno irregolari per le rifazioni avvenute in tanti secoli alle particolari abitazioni. Or si vede che una tale ripartizione, fu fatta con molto ingegno , da potersi in certo modo rassomigliare a quella fatta dal celebre Ippodamo nel fabbricarsi la città di Turio, sorta dalle ruine di Sibari. Nel bel mezzo della crociera in fine, luogo centrale, ov' oggi sta sita la Parrocchial Chiesa Collegiata, esserci doveva, com'oggi ci sta in parte, l'Agorà, o piazza pubblica, come pur stavaci in Turio. L'antica Milonia aveva attorno a sé tre Ville o Borgate , delle quali dal citato Manoscritto, già molto corroso dal tempo , di una sola sappiamo il nome e il sito; dell'altra c'indica il solo sito; e della terza, nell'assicurarci che erano tre, non si può sapere nè nome, nè sito, con queste parole: « Della Terra nel suo territorio aveva tre ville, o borghi ; una delle quali si chiamava Milionello (oggi Monticello) quale era, verso il secolo, di centocinquanta caselle in circa, vicino il fiume Achirunte, ora detto Bradano.... L'altra alla Cappella di S. Vito, dove si dice li Casaleni vicino la Difesa di Monte S. Vito.... » Nella prima adunque, cioè Milionello, ora Monticello, in quel luogo ove sono le masserie de'signori Grande , Torraca, e Dalema, nel XIV secolo numeravansi ancora centocinquanta caselle, ed ora non si veggono che pochi ruderi soltanto, essendo stato il tutto distrutto, tanto che ci passa l’aratro per sopra. Con tutto ciò il suolo non manca di offrirci indizii di antichità greche, così nelle diverse tombe che scopronsi di tratto in tratto , che nelle monete Greche e Romane ; tra le quali il proprietario signor Grande Michele, son pochi anni, ne trovò una di argento bellissima di Elea ; e non ha molto l'altro proprietario signor Dalema Pietro, nel dissodare un macchieto, trovò un sepolcro, ed una moneta di oro, che io vidi appena, e poi fu tosto venduta ad altri , senza neppure volermi dire, a chi ? La seconda borgata, alli Casaleni, ove vedonsi ancora i ruderi della diruta Cappella di S. Vito, dal quale prende nome la vicina Difesa Comunale, veniva ad essere proprio nelle masserie di Domenico Guida, e di Giuseppe de Lucia. In detto sito scopronsi ancora di quando in quando delle tombe e de'ruderi antichi; ma non saprei di alcuna moneta. La terza borgata, benché non riferitaci, pare non aver potuto essere altrove, che nella parte Sud-Est, sottoposta all'abitato, nell'oliveto cioè detto Vigna della Corte, ora di Stancarone, nel quale sonosi trovate le più antiche monete, e le antichità già prima riferite.
Rimembranze e vicende intermedie sino al 1485.
All’Ovest di Miglionico havvi una estesa pianura sopra un altro monte, a livello di Miglionico stesso ; detta Piano dell'Oste, a devicto hoste, come dice il manoscritto, e ciò per esservisi data una grande battaglia tra Romani con Lucani contro la fortezza di Milonio. Forse fu là, che si era accampato il Console L. Postumio. Al Sud-Est di detto piano dell' Oste ci sta poi una vallala detta Porsaro e Porsenaro, dal nome, dicesi, di un Capitano di un esercito nemico ucciso da'Miloniani. Ma quando? Di qual nazione era esso ? Nol sappiamo. All'Est di Miglionico, ove sono le masserie dei signori Petita e Grillo , havvi una pianura, detta da secoli il Campo, forse per qualche battaglia ivi avvenuta; ma all'in fuori del nome, non altro sappiamo dirne. Certo è però che i grandi nomi non ponno darsi senza grandi fatti. Dal detto manoscritto rilevasi pure, come sopra si è detto Che a tempo della distruzione di Metaponto i nobili di detta città si rifuggiarono in Miglionico. Che anticamente i Miloniani avevano vicendevole corrispondenza con i Brundusiani per causa di guerre. Che dipendendo dagl'Imperatori Greci, fu invaso dalle orde Saraceniche. Che per più tempo resistè alle frontiere contro il Principe di Tardo (Taranto), dal quale ricevè innumerabili danni ed interessi, in maniera a tale che era quasi distrutto, con aver perso tutto il bestiame ecc. ecc. » Del rifugio quivi cercato da' nobili Metapontini, e della corrispondenza con i Brundusiani non pare potersi dubitare, atteso quanto sopra si è detto, e l'importanza topografica di Miglionico. Che abbia dipeso dagl'Imperatori bizantini neppure vi è da dubitare ; perchè non solo si sa dalle storie, che in generale tutte queste contrade erano già dominate da quegl'Imperatori ; ma particolarmente per Miglionico rimangono tuttora dei monumenti della di loro dominazione, e di un incolato greco. Infatti oltre dall'esserci stato un rito Ecclesiastico Greco, di che sarà detto in seguito, veggonsi tuttora alcune finestre antiche di un ordine puro Minutino nella contrada detta S. Nicola de'Greci, per la Cappella a detto Santo dedicata , ed in opposizione all'altra di S. Nicola de'Latini nella contrada Torchiana. Tali finestre meritano essere vedute per la loro originalità. Per saggio se ne riportano due nelle figure 19 e 20. Similmente, della invasione delle orde barbariche non vi è pure chi possa dubitarne. Dal perché non solo è noto dalla storia, che nel 902 precisamente, i Saraceni di Africa sbarcati sul littorale del Jonio invasero tutta la contrada , nella quale si mantennero sino al 968, fin quando cioè Ottone I Imperatore di Alemagna, essendosi proposto di vuotare la Calabria e la Puglia da questi barbari, prese a viva forza Bovino , Oria , Nardò , Cassano, Acerenza , Matera , ed altre castella, tra le quali è da credersi Miglionico ; ma particolarmente per quest'ultimo sonovi tuttora de' monumenti infausti della loro barbarica dominazione. Infatti sotto la contrada detta Torchiano o Torculano, da'torchi o strettoi di uva che ci stavano, ed anche Turchiano, forse per essere stata lungamente abitazione di Turchi, havvi una lunga cava sotterranea, chiamata Grotta de Turchi, la quale cominciando da sotto la Cappella di Mater Domini, posta nel mezzo di tale contrada, e procedendo nella direzione sud-est, per sotto l'abitato, e sotto quel terreno seminatoriale diviso in due parti da un canale formatosi dalle acque piovane che cadono dal soprastante Torre del Fico, chiamato Rottama, sbocca sulla via pubblica che porta a Matera e Montescaglioso, e propriamente alla sinistra di quel dirupo formato a picco dalle acquo cadenti dal detto canale. Non so dir poi chi sia stato quel Principe di Taranto , al quale dicesi aver resistito Miglionico, e del quale ebbe a soffrirsi innumerabili danni! Forse il Re Saraceno Saba, il quale intorno al 1100 fece una distinta figura in Taranto ; che dominava anco su Matera e Montescaglioso; ch'erasi fortificato a Pietrapertosa, e danni immensi i suoi Saraceni avevano cagionati nella Puglia , finché in ultimo ne fu scacciato dall'Imperatore Lodovico. È forse perciò che il manoscritto parla con una certa compiacenza della resistenza opposta, e de'danni sofferti. A tal'epoca ancora è da riferirsi un'altra tradizione, cioè quella della cacciata de'Greci da Montepeloso, per virtù dei Normanni, e rifugiati in Miglionico , perché i detti Greci ultra cenare, nisi muris interpositis non auderent, come dice il Malaterra. Se a Miglionico infine debbono riferirsi le parole di Romualdo Salernitano , riportate dall'Antonini, cioè che nell'anno 1110, mense septembris Alexander Comes, era costui figlio del Conte di Andria, fecit Mìliolongum aedificare castellum, ben vedesi dalle cose dette, che tali parole non ponno riferirsi all' intiero abitato, ma al solo castello odierno ; ma, come diremo , nemmeno a tutto, si bene al solo piano superiore.
Dall' anno 1485 al 1526.
In questo periodo di tempo successero fatti di molta gloria per Miglionico. Nel 1485 vi avvenne quella unione de'Baroni congiurati contro il proprio Re Ferdinando I d'Aragona, di che sarà detto diffusamente fra poco. Nel 1516 fu eretta in Collegiata la sua Chiesa Parrocchiale , di che diffusamente pure dovrà parlarsi a suo luogo. E nel 1526 Miglionico fé valida resistenza nelle sue frontiere all’esercito francese , capitanato da un certo Monsieur Annecie, fervendo la guerra tra Spagnuoli e Francesi; per lo che, a memoria di tal fatto, l'Università d'allora erigeva nella detta sua Chiesa una Cappella alla Madonna del Soccorso dedicata, con iscrizione rammemorativa di tal fatto glorioso.
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